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LA
VIA DEGLI IBLEI "Vacci cuntenti e nun t'abbannunari
- cu s'abbannuna di la pena muori!".
Così urla il contadino al cavallo; al centro dell'aia,
per la trebbiatura, la spagliata. Il canto da me
registrato a Ferla ha la cadenza ed il mèlos
tipico degli altipiani Siracusani: il suono ibleo.
Questo deriva, probabilmente, dalla dolcezza di quel territorio,
dal bianco delle sue cave, dagli intensi profumi di platani,
lecci e roverelle.
La zona montana della provincia di Siracusa, l'altipiano
degli Iblei, caro a Cerere, è morfologicamente
una terra di confine, o di continuità con il Maghreb
tunisino, nella quale l'intricata rete di muri a secco
testimonia una antica presenza dell'uomo.
L'abitante di quei luoghi, da sempre rispettoso della
natura e dei suoi ritmi, è stato dedito
alla pastorizia e al lavoro nei campi. La melodia
del suo canto, l'accento inconfondibile della sua parlata,
non si è plasmato così per caso!
Il suono è una frequenza che reagisce, modificandosi,
alle temperature, ai colori, a tutte le vibrazioni contigue
che concorrono a formarlo; ogni corpo, vivente o minerale,
ha una sua vibrazione che influenza l'ambiente circostante.
Il suono, il canto crea zolle di terra, fiumi, pietre,
montagne, uomini, e viceversa.
La terza edizione di Lithos vagherà per
questi luoghi incantati: Palazzolo,
Cassaro, Ferla,
Buscemi.
Sarebbe uno sbaglio non approfittarne per coglierne il
fascino e restarne ammaliati.